Radiofrequenza interfaccettale
La degenerazione faccettale, comunemente riscontrata nell’anziano, potrebbe essere sia causa primaria di deterioramento del segmento motorio, che secondaria, in corso di progressiva degenerazione discale od in seguito ad altri processi patologici.
Le faccette vertebrali contraggono rapporti con i medesimi elementi dei livelli sovra e sottostanti costituendo articolazioni sinoviali che permettono al rachide di eseguire movimenti di flessione, estensione e rotazione.
Molteplici sono le condizioni in grado di generare una sintomatologia faccettale, e tra queste l’osteoartrite è quella di più frequente riscontro. Questa condizione determina la riduzione o la scomparsa della cartilagine articolare, l’erosione del margine osseo adiacente, la crescita ossea abnorme delle faccette e dei processi articolari ed infine l’instabilità articolare che può portare a sublussazione vertebrale.
Le terminazioni nervose sensitive delle faccette articolari e dei tessuti circostanti vanno incontro ad irritazione determinando la sensazione di dolore spinale.
La selezione dei pazienti passibili di trattamento interventistico si avvale sia di dati di tipo clinico-anamnestico che derivati dall’utilizzo della Diagnostica per Immagini.
Il blocco nervoso percutaneo con Radiofrequenza delle faccette articolari zigoapofisarie è una tecnica che consente di ottenere un’analgesia per un periodo di tempo maggiore rispetto a quanto si ottiene generalmente con l’utilizzo di farmaci.
La metodica è volta alla riduzione del supporto nervoso sensitivo delle faccette articolari, diminuendo così la percezione dello stimolo doloroso; ciò consente anche la ripresa di una migliore autonomia nelle attività quotidiane e soprattutto la possibilità di intraprendere un programma rieducativo e riabilitativo altrimenti difficile da eseguire.
La procedura di Radiofrequenza Interfaccettale è eseguita in anestesia locale sotto guida fluoroscopica o TC. Attraverso un approccio percutaneo, viene inserito un ago-elettrodo sino all’interno della capsula articolare. Se eseguita da mani esperte e con apparecchiature adeguate, la metodica è scarsamente invasiva e non gravata da particolari rischi e/o complicanze.
La durata della procedura è di circa 20 minuti e prevede il ricovero in regime di day-hospital.
Nello studio radiologico di tale patologia si utilizzano l’esame radiografico convenzionale e la Tomografia Computerizzata per evidenziare i rapporti articolari, gli accrescimenti anomali della componente ossea articolare e la riduzione degli spazi articolari, indice indiretto di rimaneggiamento cartilagineo; ma ci si serve in particolar modo della Risonanza Magnetica, in particolare nelle sequenze T2-pesate fast spin echo con soppressione del grasso e T1-pesate fast spin echo con soppressione del grasso e somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico, per identificare il processo infiammatorio attivo all’interno o circostante alla articolazione faccettale.
Le controindicazioni all’esecuzione di tali interventi sono costituite da disordini della coagulazione, gravidanza, infezioni locali a livello del presunto sito di ingresso (osteomielite e spondilodiscite), dalla impossibilità di accedere all’interno dell’articolazione, per estese e solide fusioni laterali e postero-laterali, e da complicanze neurologiche.